16 gennaio ore 17. Museo storico della Liberazione
Presso il Museo storico della Liberazione, la “Biblioteca G. Stendardo” presenta il libro “Il maresciallo rosso. Giuseppe Gracceva, dall’antifascismo militante alla Resistenza. Roma 1922-1945“, edizioni Odradek.
di Maria Agostina Pagliaroli. L’incontro sarà moderato da Marco Trasciani
“Gracceva, Chi era costui? Alla domanda, (di manzoniana memoria), dà risposta la video-intervista di Gianni Bisiach, realizzata nel 1978 nella famigerata “prigione” romana del tenente colonnello della Gestapo Herbert Kappler.
“Tutti parlano di lei come del più grande eroe passato a via Tasso” dove rimase, nella cella n. 10, per 58 giorni in totale isolamento, prima della liberazione della capitale.
Nell’uomo mite e schivo che vi compare, si stenta a riconoscere il leggendario”Maresciallo rosso”, “compagno” di Pertini e di Nenni, che fino alla sua cattura guidò a Roma la Resistenza socialista a capo delle Brigate Matteotti.
Antifascista militante fin dalla presa del potere di Mussolini, più volte arrestato e condannato, fu protagonista d’eccezione dell’apporto dei socialisti e della città a quel movimento di resistenza nazionale che a Roma vide il suo avvio l’8 settembre ’43, quando in modo spontaneo diverse centinaia di cittadini, a fianco dei soldati abbandonati dai capi, accorsero su mezzi i più disparati per fermare i panzer tedeschi che avanzavano.
Pianificando con intelligenza le azioni di guerriglia, intervenendo in prima persona dove maggiore era il pericolo, portò l’organizzazione militare al più alto grado di efficienza.
Figura carismatica e trascinatrice, “Aveva una luce negli occhi che non si poteva spiegare”, le parole commosse di Luciano Ficca, ventitreenne gregario nella formazione socialista. Parlava del “suo” comandante il cui coraggio quasi temerario gli valse la medaglia d’argento al VM e il riconoscimento di “Partigiano combattente ferito” col grado di tenente colonnello.
“Popolarissimo” poté contare sul diffuso sentimento antinazista della popolazione romana, le cui difficili condizioni di vita lui, popolano, lavoratore, condivideva e conosceva bene. Inafferrabile, fu l’incubo di Kappler, riuscendo a lungo a sfuggire alla sua caccia.
Solo la delazione di un infiltrato permise alle SS di catturarlo in modo rocambolesco. Né la promessa della libertà, né le minacce di ritorsioni su famiglia e figli, né le sevizie e le feroci torture nei lunghissimi interrogatori riuscirono a farlo parlare.
In quel silenzio opposto con ostinato coraggio è tutta la drammatica responsabilità del suo ruolo militare e politico. L’arrivo degli alleati il 4 giugno impedì la sua esecuzione.
Impersonò quel desiderio di libertà, quell’esigenza di giustizia e riscatto sociale, quell’istanza politica di costruzione di una nuova Italia che unì operai, intellettuali, militari, uomini e donne, e caratterizzò la lotta partigiana come guerra di liberazione dal nazifascismo, guerra di classe, guerra civile e, non ultima, guerra di genere per la significativa, non abbastanza riconosciuta, presenza cosciente delle donne che scelsero di rischiare”. (Dal sito di Odradek edizioni)