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Ventotene

 

 

Dati del Comune

Isola dell’arcipelago delle Isole Ponziane nel golfo di Gaeta.

Abitanti: 1.379 (1936) – 1.270 (1951). Superficie 1,75 kmq. Altitudine massima m. 139 slm.

 

La motivazione della decorazione

A Ventotene è stato assegnato in questi anni l’Attestato di Benemerenza Pubblica la cui motivazione ci sembra essere già stata esplicitata da questa epigrafe:

Nella breve chiusa cerchia

delle sue scogliere battute dal mare

VENTOTENE

umiliata dalla dittatura a luogo di confino politico

ospitò nel ventennio fascista

circondandoli di rispettosa tacita simpatia

migliaia di perseguitati di ogni parte d’Italia

molti dei quali furono designati

dopo la Liberazione e a democrazia instaurata

a sommi incarichi e dignità nella Repubblica

ricordando e esaltando le virtù umane e civili

che ne reggevano lo spirito sotto la dura repressione

del regime autoritario

gli abitanti dell’isola

custodiscono alla Nazione rinnovata

queste sopravanzate rovine degli squallidi acquartieramenti

dove i confinati antifascisti malprotetti dall’inclemenza delle stagioni

cospirativamente autogovernandosi

condussero la loro vita di sacrificio e di studio

preparandosi alla lotta

per un’Italia rinnovata nella libertà.

Ventotene, 2.6.1978

 

Epigrafe del monumento all’internato scritta da Umberto Terracini.

 

Le vicende belliche e resistenziali

Con la promulgazione delle leggi eccezionali del novembre 1926, il governo fascista iniziò ad inviare al confino di Ventotene.  “Diversamente dal vecchio domicilio coatto, il confino non era una condanna stabilita dal potere giudiziario, ma una misura preventiva volta a liberarsi degli oppositori politici senza ricorrere ad un processo e soprattutto senza l’esibizione delle prove” (Gargiulo).

Essi venivano imbarcati a Gaeta sul piroscafo Santa Lucia, poi affondato il 25 luglio 1943. Sbarcati nel vecchio porto romano, i prigionieri, incatenati e carichi del proprio bagaglio, arrancavano per cinque-sei tornanti per giungere alla palazzina della milizia confinaria ove, dopo la rituale perquisizione, veniva loro consegnato il “libretto di permanenza” e avviati nei fatiscenti alloggiamenti, in attesa che si liberassero dei posti-letto nella “città confinaria”.

Nel 1937 fungeva da direttore della coloniail commissario di polizia Giuseppe Guarino, particolarmente zelante nell’inviare una lettera al procuratore generale presso il Tribunale speciale per la difesa dello stato, con la quale deferiva al Tribunale nove confinati, accusati di attività clandestina nel dormitorio; risultò poi al procuratore del Tribunale che i nove, pur noti per la loro mai nascosta fede antifascista, ammisero di essersi appartati in una stanzetta del dormitorio, ma per mangiare del risotto e del pollo.

Dopo il condono concesso nel 1932, i confinati politici che si trovavano nell’isola di Lipari e che non godevano dell’indulto, vennero trasferiti a Ventotene e in parte a Ponza. Poi anche Ponza venne svuotata nel 1939 e tutti i confinati furono traferiti a Ventotene, dove si costituì la più grande concentrazione di dirigenti politici antifascisti mai avvenuta in Italia. Inoltre, a partire dal 1940, giunsero gli ex combattenti delle Brigate internazionali che avevano trovato rifugio in Francia e che il governo di Vichy consegnò a quelle fasciste.

Questa élite politica riuscì a stabilire numerosi contatti con l’esterno, dove facevano pervenire i loro documenti e gli indirizzi di lotta agli antifascisti in libertà. Il giovane intellettuale Giaime Pintor definì il gruppo “il governo di Ventotene”.

Una profonda e drammatica crisi si abbatté sulla maggioranza degli esiliati subito dopo la proclamazione della guerra, per l’improvvisa mancanza di generi alimentari e il conseguente razionamento. Infatti delle 5 lire giornaliere che costituivano la “mazzetta” (sussidio), 3.50 venivano consegnate al responsabile delle diverse mense, organizzate per appartenenza politica. Alcune mense, come quella del “collettivo” comunista, erano in grado di sopperire fornendosi da commercianti sempre più esosi, ma le mense povere non poterono soddisfare il minimo per la sopravvivenza.

Quando la guerra impedì l’arrivo delle derrate alimentari, i fornitori locali ebbero l’occasione di liberarsi di miscele di farinacei immangiabili.

Persino i vari direttori, che si alternarono a Ventotene inviarono a Roma lettere sulle  sempre più gravi condizioni  della colonia – Milizia inclusa – soprattutto per l’aumento dei casi di tubercolosi e di ammalati cronici. In tale situazione vi furono diversi casi di morti per denutrizione.

Nell’agosto 1941 sugli scogli di Ventotene i sorvegliati Arturo Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni individuarono nella federazione europea la risposta ai nazionalismi e alla guerra, scrivendo la Bibbia della futura UE: il Manifesto per un’Europa Libera e Unita, meglio conosciuto come “Manifesto di Ventotene”.

Eugenio Colorni venne ferito a morte a Roma dalla banda Koch alla fine di maggio 1944, Le ceneri di Spinelli, morto nel 1986, vennero inumate per sua espressa volontà nel cimitero dell’isola, mentre Rossi, “il democratico ribelle”, qualche giorno prima della sua morte, aveva confidato che Se ci domandiamo a cosa approdano tutti i nostri sforzi e tutte le nostre angosce, non sappiamo trovare altre risorte fuori di quelle che diede Leopardi: si gira su noi stessi come trottole finché il moto non si rallenta, le passioni si spengono e il meccanismo si rompe.

  Il 22 luglio 1943 aerei britannici in perlustrazione fecero cadere alcune bombe sul piroscafo Santa Lucia che non subì, in quella circostanza, danni, ma una di esse cadde sulle rocce dell’isola, provocando un notevole panico ed obbligando di fatto il direttore a permettere ai confinati di trovare rifugio nelle antichissime caverne.

La triste era di Ventotene come isola di confino terminò nell’agosto. Tra i primi (18 agosto) partì Altiero Spinelli, il 19 si imbarcarono albanesi e sloveni, il 20 un folto numero di anarchici, il 23 agosto gli ultimi comunisti. Parte degli agenti della Milizia decise di restare, trovando lavoro come operai, braccianti e netturbini.

 

La memoria

La memoria dell’era del confino, oltre al succitato monumento, è rappresentato da un progetto toponomastico con il quale le strade ricordano, per mezzo di piastrelle di cotto, i luoghi storici: via delle Mense comuniste, Strada delle botteghe dei confinati, via Mensa socialista, oltre il Laboratorio “Isole della Memoria”, Sala polivalente “Umberto Terracini” con plastico della città confinaria. A ciò si aggiunge la passeggiata in paese per ricostruire la giornata-tipo dell’esiliato e il progetto di un trekking storico sulle tracce del camminamento delle guardie carcerarie.

 

Bibliografia

Wikipedia, ad nomen

Ventotene, isola di confino: 70 anni fa l’addio agli antifascisti, in Corriere della sera online

F.Gargiulo, Com’era il confino a Ventotene, in sito ANPI-Ass.ne nazionale partigiani d’Italia

Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, (cit.), pp.339-343

Dizionario storico biografico del Lazio (cit.), ad nomen

Parole, Simboli e Segni della Memoria, Provincia di Latina 2014, p.263.

 

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