Castelforte
Dati del Comune
Abitanti: 6.720 (1936) – 6.099 (1951). Altitudine 134 m. slm. al confine sud-orientale della provincia, sulle propagini degli Aurunci. Comuni confinanti: Santi Cosma e Damiano, Coreno Ausonio (Fr), Vallemaio (Fr), Sant’Andrea al Garigliano (Fr).
La motivazione della decorazione
A Castelforte, con DPR del 1961, è stata concessa nel 2002 la Medaglia d’oro al valor civile:
Centro strategicamente importante, situato sulla linea Gustav, durante l’ultimo conflitto mondiale si trovò al centro degli opposti schieramenti, subendo ogni sorta di violenza dalle truppe tedesche e marocchine e un gran numero di bombardamenti da parte alleata, che provocarono numerose vittime civili e la quasi totale distruzione dell’abitato. La popolazione tutta, con fierissimo contegno, resistette alle più dure sofferenze, offrendo un ammirevole esempio di coraggio ed amor patrio. Castelforte (Lt) 1943-1944.
Tra i suoi concittadini si annovera Alfredo Fusco, Medaglia d’Oro al Valor Militare (1941).
Le vicende belliche e resistenziali
Per nove mesi Castelforte fu sottoposta ad incessanti bombardamenti alleati al fine di contrastare i tedeschi che avevano costituito la linea “Gustav” che correva da Ortona al golfo di Gaeta. I bombardamenti aerei e i cannoneggiamenti marini degli Alleati si abbatterono su Castelforte nei giorni 9-10-11 settembre 1943.
Il 4 ottobre 1943, l’Autorità militare tedesca ordinò alla Prefettura di Littoria di provvedere allo sgombero della popolazione residente a 5 km dalla fascia costiera. Come a Minturno, “essendo tali località avulse dal rimanente della Provincia e non funzionando più alcun ufficio pubblico..”, la popolazione si rifugiò dove potè, dopo che il podestà aveva avvertito la popolazione del provvedimento; all’arrivo dei tedeschi le case erano già deserte.
Il 17 ottobre i tedeschi, coadiuvati da un miliziano fascista, effettuarono una retata al fine di debellare un presunto gruppo partigiano in paese. Fatti segno a colpi di arma da fuoco i tedeschi procedettero alla loro reazione verso un gruppo volontario di guardiafili della rete telefonica tedesca e organizzato dai paesani per ragioni di “buon vicinato” con l’occupante; uno dei volontari, disgraziatamente, era possesso di una pistola e quindi venne ucciso insieme ad un altro uomo da parte del miliziano fascista. Il bollettino ufficiale germanico del 27 ottobre annunciava che erano state disperse delle bande partigiane.
Le truppe alleate tra novembre e dicembre 1943 si attestarono sulla riva sinistra del Garigliano per far trascorrere l’inverno e poter scatenare in primavera le loro enormi forze d’urto.
Dopo l’infruttuosa operazione del 30 dicembre, dal 17 al 31 dicembre venne effettuato dal X° Corpo d’armata britannico il primo attacco in forze contro la linea “Gustav”. I bombardamenti, a partire da quello del 17 gennaio, in preparazione alle operazioni di sbarco a Nettunia, causarono la quasi totale distruzione dell’abitato, con molti feriti e morti.
Dal 12 al 15 febbraio molti castelfortesi, approfittando di una sosta degli scontri e delle incursioni, ma anche con l’assenso tacito dei Tedeschi che permisero l’esodo, scesero dalla collina; ma alcuni, attraversavano un ruscello vennero investiti dalle mine; morirono in molti, ma non furono fortunati quelli che avevano raggiunto la riva, perché vennero investite da altre mine nascoste.
Nei giorni successivi all’armistizio, era tornato a Castelforte, suo paese natale, il ten.col.Giuseppe Aloia. Egli organizzò cittadini e militari sbandati nel “gruppo Aloia” allo scopo di favorire la liberazione del territorio dall’occupazione tedesca. Dopo i rastrellamenti tedeschi e i bombardamenti alleati, coordinava le evacuazioni e si prodigava con i suoi uomini per far passare i fuggiaschi nei territori già liberati. Per tali azioni Giuseppe Aloia, divenuto successivamente capo di stato maggiore della Difesa, fu riconosciuto “partigiano combattente” e decorato di Medaglia d’argento al valor militare.
L’attacco finale venne scatenato dagli Alleati nella notte del 12 maggio con (“operazione Diadem”) e Castelforte si ritrovò su una delle direttrici di marcia, quella affidata alle truppe marocchine, tunisine e algerine inquadrate nel Corpo di Spedizione francese e a quelle del II Corpo d’armata statunitense. Gli opposti schieramenti si scontrarono per quattro ore nel cuore del paese con selvaggi corpo a corpo.
La “Battaglia di Castelforte”, si concluse il giorno 13 con il ripiegamento tedesco, lasciando in mano alleata un migliaio di prigionieri. Ma nel dopo-battaglia i soldati incaricati di recuperare i corpi delle vittime saltarono in aria: delle mine antiuomo erano state sistemate sotto i cadaveri.
Castelforte, al centro dei combattimenti, ne subì le conseguenze. Infatti il generale René Chambre, che guidò l’offensiva scrisse in seguito: “Castelforte, tutto intero, è morto…non resta che un cadavere di villaggio”. Così, i sopravvissuti, dovettero ricominciare a ricostruire letteralmente il loro paese.
Ma le vittime della guerra non terminarono con la liberazione; ordigni inesplosi e mine causarono decine di vittime, come l’episodio del 5 luglio 1946 quando esplose una catasta di mine e granate raccolte in montagna.
Facciamo un passo indietro. Il 17 febbraio 1944 il soldato diciannovenne inglese Ernest Foster, sentì un lamento di bimbo proveniente dalle macerie di una casa appena colpita da una granata; il piccolo, di circa un anno e con una croce al collo, era tra le braccia della mamma dilaniata dall’esplosione. Poco distante vi era una bimba di sei-sette anni immobilizzata dallo shock. I tre iniziarono a correre e dopo due chilometri raggiunsero Suio Forma, dove vi era una postazione di pronto soccorso ed Foster fece appena in tempo a mettere il piccolo in un’ambulanza che si stava dirigendo verso un altro luogo dove erano state segnalate delle vittime. Ernest tornò indietro, pregò accanto al corpo della giovane mamma. Nel frattempo giunse il marito della donna che gli disse: Non ho più niente. La mia casa non c’è più e anche mia moglie se n’è andata via. Però tu hai salvato il mio bambino e voglio darti tutto quello che mi rimane” : era la sua catenina con l’immagine di San Cristoforo.
Molti anni dopo, nella sua città di Portsmouth, Inghilterra meridionale, conobbe un giovane immigrato italiano, di…..Castelforte. Decise di ritornare laggiù, soprattutto per conoscere quel bambino e riconsegnargli quella catenina. Vi si recò nel 1986 e ritrovò a Suio Alto la casa distrutta dalla granata e quel…bambino, Alessandro, un uomo di 43 anni i cui occhi, almeno per Ernest, erano quelli della mamma. Egli con la sua famiglia ritornò spesso a Suio dove venne considerato di casa. Ernest morì nel 1992 ma i contatti di Alessandro con la famiglia inglese non si sono mai interrotti. Il 25 maggio 1997, durante un’importante cerimonia, la piazza della frazione venne dedicata a Ernest Foster, alla presenza della famiglia di Alessandro, di quella di Ernest e di quanti vissero quei tragici giorni.
La memoria
- Monumento ai Caduti – Castelforte, Lapide a E.Foster – Castelforte
- Lapide commemorativa a Suio di Castelforte
Bibliografia
La grande enciclopedia della tua regione. Il Lazio (12) (cit.), pp.230-32.
P.G.Sottoriva, Cronache da due fronti, (cit.), pp. 88-89, 94, 188, 234-235, 275
A.Di Fazio, voce Aloia Giuseppe in Dizionario Biografico del Lazio, Regione Lazio, Roma 2009, pp. 58-59
Quaderini della resistenza laziale. Regione Lazio 1972, Vol.VI, p.82
AA.vv., Enciclopedia dell’antifascismo e della resistenza. Walk Over La Pietra, Milano 1972, Vol. I, p.488
Sito ufficiale della Città di Castelforte
Dizionario storico biografico del Lazio (cit.), ad nomen
Parole, Smboli e Segni della Memoria, Provincia di Latina 2014, pp.27-47
E.La Starza, Storia di un soldato inglese, in: (a cura) G.L.Campana, 33 salti nella storia (cit.), pp.32-35
Wikipedia, ad nomen.