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Roma, Isola Farnese

 

28 dicembre 1943, mercoledì – Roma,  frazione di Isola Farnese. I tedeschi arrestano Bartolo di Pietro, che morirà per le sevizie subite il 29 dicembre nel carcere di Regina Coeli. “Verso sera viene arrestato dalle SS tedesche Bartolo Di Pietro. Agricoltore, audace cospiratore, è pieno di ardimento tanto da diventare capo e animatore di un gruppo di patrioti che opera nella zona di Isola Farnese, piccola borgata agricola a circa venti chilometri a nord di Roma. Nato ad Amatrice nel 1902, aveva fatto della sua azienda agricola un clandestino luogo di cospirazione. Ma il tradimento era in agguato. Arrestato nella sua campagna, l’ardimentoso giovane viene condotto alla «Storta» (che diventerà poi tristemente famosa per l’orrenda strage di Bruno Buozzi e compagni) e nella sede di quel fascio ha inizio il breve, ma duro calvario. I primi a colpirlo sono due suoi falsi amici che subito dopo, insieme ad altri traditori, fanno irruzione nell’azienda del Di Pietro, arrestano il fratello Giovanni, parte del personale e alcuni sfollati di Nettuno, dando alle fiamme depositi di fieno, di paglia e attrezzi. agricoli. La razzia degli uomini continuerà il giorno dopo e tutti gli arrestati saranno condotti a Regina Coeli, mentre Bartolo sarà condotto nel sinistro edificio di via Tasso. La sua permanenza nelle camere di tortura sarà breve, ma atroce. Quando la sera dopo, 29 dicembre, sarà trasportato sanguinante in una cella del terzo braccio, non sarà più in grado di parlare e poche ore dopo spirerà, tra inaudite sofferenze. I compagni che lo vegliano tutta la notte tentando di rianimarlo, poiché le guardie carcerarie non vogliono aprire la porta della cella prima del giorno seguente, riescono a stento a strappargli qualche parola poco prima che spiri: «Ho sopportato le più inumane delle torture, ma muoio tranquillo perché ho conservato il silenzio fino alla fine». Il suo corpo, madido di acqua ghiaccia, giacerà per una notte intera sul nudo pavimento con i segni palesi e terribili delle sevizie di ogni genere, le più raffinate e strazianti, cui è stato sottoposto, che vanno dall’estirpazione delle unghie allo schiacciamento delle dita, ai solchi netti scavati in tutta la circonferenza del petto da corde di chitarra strette gradualmente da chiavistelli.”

Fonte: Roma città aperta, https://www.facebook.com/groups/romacittaaperta/permalink/8478948838844817
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