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Il bombardamento dei Castelli romani

Irene Salvatori

 

Anche a distanza di tanti anni, i ricordi vividi del dolore e della distruzione sono indelebili, con molte vittime che hanno perso i propri cari e i loro averi nel corso di quei giorni di fuoco. Tra la fine di gennaio e gli inizi di febbraio 1944, i Castelli Romani furono duramente colpiti dai bombardamenti delle Forze Alleate, con l’obiettivo di scacciare le truppe tedesche. Il fascismo fece la sua comparsa nei Castelli Romani nel 1921, inizialmente incontrando resistenza e basandosi su adesioni da parte di esponenti di altri partiti. La resistenza antifascista si oppose con determinazione in diverse località, come Genzano di Roma, Ariccia e Rocca di Papa, dove si formarono i gruppi degli “Arditi del Popolo”. Anche a Nemi, Rocca Priora e Rocca di Papa i fascisti trovarono difficile affermarsi, persino dopo la marcia su Roma. In generale, il fascismo ricorse alla violenza in quasi tutti i comuni dei Castelli Romani per sostituire le amministrazioni precedenti. Solo in alcuni comuni, come Ariccia, Marino e Castel Gandolfo, le amministrazioni repubblicane e popolari aderirono in massa al regime fascista. Il fascismo si manifestò in modo particolarmente aggressivo a Genzano e Albano, dove il Partito Comunista Italiano e il Partito Socialista Italiano godevano di una solida presenza. Alle 02:45 della notte del 22 gennaio 1944, l’avanguardia del VI Corpo d’Armata alleato sbarcò nel porto di Anzio. Durante quel periodo, l’aviazione alleata condusse 465 missioni di supporto aereo sulle teste di ponte appena conquistate, contrastate da sei raid di caccia-bombardieri tedeschi. Circa 36.000 soldati e 3.000 veicoli furono sbarcati durante la notte. Dal 1º marzo al 20 maggio 1944, il fronte di Anzio rimase bloccato in attesa degli sviluppi a Cassino.

Solo verso la fine di maggio, le forze alleate si riunirono nei pressi di Littoria per avanzare trionfalmente verso Roma.

Castel Gandolfo

Durante la prima fase della battaglia di Anzio, i Castelli Romani fungevano da retrovia. Il comando tedesco requisì numerosi edifici, sia pubblici che privati, per scopi militari, come alloggiamenti, depositi di materiale e basi operative. La regione dei Castelli Romani fu bersagliata da intensi bombardamenti aerei e terrestri per interrompere o indebolire tali collegamenti, finché le forze anglo-americane non liberarono progressivamente questi territori. Il 22 gennaio 1944, in supporto allo sbarco ad Anzio, si verificarono attacchi mirati volti a distruggere ponti, strade e ferrovie nelle zone di Ceprano, Colleferro, Valmontone e Velletri. In particolare, Velletri fu colpita il 6 e 7 gennaio, con la distruzione della stazione e del capolinea della ferrovia Roma-Velletri. Nuovi attacchi si verificarono il 24, 25 e 27 gennaio (con l’obiettivo di distruggere le strade a est della città e i depositi ferroviari e tranviari) e il 5 febbraio.

Domenica 30 gennaio, l’aviazione alleata attaccò Valmontone e, per la prima volta, Genzano di Roma e Monte Compatri.

Il 1º febbraio, martedì, Albano Laziale fu bombardata per interrompere le comunicazioni lungo la via Appia Nuova. Durante l’attacco, furono colpiti la chiesa di Santa Maria del Suffragio (che non fu mai ricostruita), il parco pubblico di Villa Doria (la cui palazzina fu demolita nel 1951 per fare spazio all’attuale piazza Giuseppe Mazzini), la chiesa di San Paolo insieme all’adiacente convento dei Missionari del Preziosissimo Sangue (ricostruito nel 1952) e il convento delle monache clarisse di piazza Pia (subito ricostruito), situato all’interno dell’area extra-territoriale della Villa Pontificia di Castel Gandolfo. Quindici suore persero la vita insieme a oltre un centinaio di civili. Alcuni abitanti di Albano cercarono rifugio nel perimetro della villa pontificia, dove vennero trasferiti anche alcuni uffici comunali e alcuni reparti dell’ospedale, nonostante il palazzo Savelli fosse stato risparmiato dalle bombe.

Velletri

Il giorno successivo, il 2 febbraio, alle 12:00, la città di Marino fu bombardata, mentre alcuni aerei alleati attaccarono treni, strade e aerei vicino alla testa di ponte di Anzio, colpendo anche Genzano. Marino subì danni significativi: il palazzo Colonna, sede municipale, venne distrutto insieme alla stazione di Marino Laziale sulla ferrovia Roma-Albano e al parco pubblico di Villa Desideri, un’ex area di parcheggio. Nonostante il bombardamento di Marino abbia causato scompiglio nelle linee tedesche, non ha distrutto obiettivi strategici, ad eccezione della stazione radio del palazzo Colonna. L’unico vero obiettivo di valore poteva essere il quadrivio della Via dei Laghi e della via Maremmana Inferiore, situato a un chilometro dalla città, il cui bombardamento avrebbe evitato danni al centro di Marino.

Il 6 febbraio, gli aerei fecero ritorno su Frascati e, contemporaneamente, parteciparono a un’operazione per distruggere veicoli, mezzi e luoghi strategici per i tedeschi tra Frascati, Albano e la già devastata Cisterna di Latina. Questo avvenne in concomitanza con l’inizio di una controffensiva tedesca contro la testa di ponte di Anzio.

La residenza papale di Castel Gandolfo era considerata immune ai bombardamenti in quanto parte integrante del territorio vaticano. Tuttavia, nonostante ciò, il parco della villa fu colpito da bombe il 2 febbraio, senza causare vittime, e il 7 febbraio un’altra incursione provocò sette morti. L’attacco più devastante avvenne il 10 febbraio alle 09:00, quando la villa, che ospitava circa 13.000 civili fuggiti dai comuni vicini e da Albano, fu bombardata, causando centinaia di vittime. Il collegio della congregazione di Propaganda Fide, adiacente alla chiesa di Santa Maria Assunta, fu colpito, con un bilancio di morti variabile tra 500 e 1100 secondo le fonti. Il 11 febbraio, i bombardamenti si estesero a Genzano, mentre il 14 coinvolsero Grottaferrata, Genzano e Rocca di Papa, il 15 Albano, il 17 Lanuvio e i territori di Marino, Grottaferrata e Rocca di Papa.

Nei mesi di marzo e aprile del 1944, i Castelli Romani vissero un periodo di relativa calma, con una pausa nei bombardamenti giornalieri. Tuttavia, il 1º maggio Frascati fu colpita, seguita da Albano il 4 e il 5 maggio. Il 23 maggio furono bersagliati presunti concentramenti di soldati tedeschi a Valmontone, Marino, Nemi e Grottaferrata. Il 30 maggio toccò ad Ariccia, mentre tra il 27 maggio e il 1º giugno Marino fu pesantemente colpita, con danni al cimitero comunale, al rione Castelletto e alla basilica di San Barnaba. Il 31 maggio, le città di Albano, Marino, Frascati, Grottaferrata, Rocca di Papa, Ariccia, Lanuvio e Genzano subirono nuovi attacchi da parte delle forze nemiche, sia via terra che dall’alto.

Marino

La popolazione si rese conto che il fronte di guerra si stava avvicinando poiché i bombardamenti provenivano ormai da sud. Restava la speranza che le forze tedesche cedessero presto e che le truppe anglo-americane arrivassero in tempo. Tuttavia, la realtà si dimostrò più complessa del previsto: il 30 aprile fu ordinata l’evacuazione di Genzano, Albano e Ariccia; tra il 19 e il 29 maggio, toccò a Lanuvio, la cui popolazione fu trasferita nel campo degli sfollati dell’ex Società Italiana Ernesto Breda per Costruzioni Meccaniche a Torre Gaia; il 2 giugno, fu la volta di Marino, ma il capo del locale Comitato di Liberazione Nazionale, Zaccaria Negroni, scelse di non eseguire l’ordine (una decisione fortunata, visto che gli anglo-americani arrivarono il giorno successivo, altrimenti sarebbe stato processato e condannato per insubordinazione).

Il 2 giugno, i tedeschi fecero saltare il ponte di Ariccia nel tentativo disperato di rallentare l’avanzata alleata. Per superare il crollo del ponte, il parco Chigi fu aperto al traffico veicolare e fu costruito un pontile di legno che attraversava la valle del Mascherone accanto al ponte. Alla fine della guerra, il principe Ludovico Chigi, ancora proprietario del palazzo e del parco, descrisse la devastazione e l’abbandono del luogo.

Nel pomeriggio del 3 giugno, le truppe alleate liberarono Genzano, Ariccia, Albano e le Frattocchie di Marino lungo le vie consolari, mentre l’Anagnina liberò Grottaferrata, Marino e Frascati. L’avanzata continuò fino a Roma, che fu liberata nella notte del 4 giugno.

Dopo la guerra, i Castelli Romani si presentavano in rovina: le principali strade erano interrotte, le linee ferroviarie danneggiate, e importanti monumenti erano stati colpiti o distrutti. Oltre ai danni materiali, si registrarono numerose vittime tra la popolazione.

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