skip to Main Content

Il campo di concentramento di Alatri “Le Fraschette”

                                                

 

Il campo delle Fraschette fu un campo di internamento istituito nel 1941 dalle autorità militari del regime fascista nel territorio di Alatri, in località Fraschette.

Entrò in funzione il 1º ottobre 1942 e rimase attivo fino al 19 aprile 1944. Benché progettato per ospitare prigionieri di guerra, finì per diventare luogo di internamento di civili, per lo più slavi e greci, e delle altre popolazioni direttamente in guerra con l’Italia.

Inizialmente accolse 780 persone di origine anglo-maltese. Prima della fine del 1942 giunsero dall’isola di Meleda, in Dalmazia, altre 2300 persone. All’inizio del 1943 arrivò ad accogliere fino 5500 internati con l’aggiunta di croati, montenegrini, albanesi e tripolini italiani.

Rispetto agli altri campi amministrati dal Ministero dell’Interno, quello di Fraschette era sottoposto alla Direzione generale servizi di guerra, mentre alla Direzione generale di Pubblica Sicurezza vennero affidati soltanto i compiti «di sicurezza», e si configurò principalmente come luogo d’internamento per nuclei familiari e per donne e bambini.

Le situazioni igieniche erano a dir poco pessime a causa del sovraffollamento e della precarietà della struttura costruita in grande fretta: le umide e fredde baracche in legno, la rete fognaria inesistente, le latrine insufficienti e lontane dalle baracche e l’assistenza medica non corrispondente ai reali bisogni – uniti al fatto che agli internati non era concesso alcun sussidio in denaro – resero la vita all’interno del campo molto rigida. Per tale ragione molti internati approfittarono dell’esile recinzione perimetrale per fuggire e trovare cibo altrove. I maltesi, riconosciuti come «sudditi nemici», poterono avvalersi delle garanzie della Convenzione di Ginevra e degli aiuti forniti dal governo britannico, ma gli altri gruppi dovettero affrontare, pressoché da soli, le numerose difficoltà, tra cui la fame più nera.

Anche le autorità civili e militari che gestivano le 174 baracche si macchiarono di furti e abusi sugli internati.

Data la situazione di evidente disagio, a sostegno degli internati intervennero soprattutto il vescovo di Alatri, monsignor Edoardo Facchini, e un gruppo di suore Giuseppine del monastero di Veroli, a cui si aggiunse il personale interessamento di papa Pio XII nei confronti dei 400 bambini internati.

Dopo la caduta di Mussolini, la situazione generale del campo rimase immutata e nei giorni seguenti l’armistizio, fuggiti gli agenti e i carabinieri addetti alla guardia, il campo si ritrovò nella confusione e nell’abbandono più totale. La maggior parte degli internati, non avendo un luogo preciso dove andare, non abbandonarono le baracche. Gli occupanti tedeschi, al loro sopraggiungere nella zona, dimostrarono scarso interesse per la baraccopoli e i suoi abitanti. Lo scioglimento effettivo del campo sarebbe stato deciso a metà gennaio del 1944 e realizzato entro il 19 aprile.

Nel dopoguerra le strutture vennero riconvertite per dare momentanea accoglienza ai profughi italiani di Istria, Dalmazia e Africa e, successivamente ai profughi in fuga dai regimi comunisti, di nazionalità soprattutto ungherese. Ospiti celebri delle Fraschette in questo periodo furono il calciatore László Kubala, il quale riuniva i calciatori profughi ungheresi in Italia e organizzava amichevoli di vario livello, e lo sportivo Isidoro Marsan.

Chiuse ufficialmente con un decreto della regione nel 1976.

Fonte: Web

Back To Top