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Santarelli Vincenzo

Nasce a Cerretto Laziale (RM) il 27 marzo 1874 da Giovanbattista e Diomira Baroni, muratore. Si avvicina al movimento anarchico in età matura ed è tra i più attivi nella lotta ingaggiata dagli edili romani nel 1910. Gli scioperi sono indetti dalla Lega Generale del Lavoro, nel pieno dello scontro con la CdL. All’apice della conflittualità operaia, tra l’aprile e la sconfitta nel maggio, la lgdl riesce a coinvolgere circa 10 mila lavoratori. S. prende più volte la parola durante le agitazioni invitando alla resistenza a oltranza e, secondo la PS, facendo “intravedere il proposito di incendiare i cantieri degli industriali più tenaci.” Il 17 maggio la conflittualità operaia subisce un duro colpo e i lavoratori sono costretti a rientrare al lavoro. S. lascia Roma e si reca a Ginevra dove, istruito in ciò da Sottovia, entra immediatamente in contatto con gli ambienti dell’emigrazione politica. In settembre si allontana da Ginevra e viene arrestato per vagabondaggio a Besançon. Avendo precedenti per furti e trovato in possesso di opuscoli anarchici e di una discreta somma di denaro, il 28 ottobre è condannato a due anni di prigione. Assolto in appello, è espulso dalla Francia e fa rientro a Roma. Tenta di espatriare nuovamente, questa volta in Svizzera ma non ottemperando ad alcuni obblighi a cui era stato sottoposto, è arrestato a Genova, dove si era rifugiato. Condotto a Roma, nel marzo del 1912 prende parte alla riunione promossa dal gruppo “Germinal” del Testaccio in cui viene votato un ordine del giorno contro la guerra di Libia. S., continua la sua opera di propaganda ed è tra i sottoscrittori di una lettera aperta pubblicata sul giornale «La Ragione», in giugno contro l’impresa tripolina. L’accesa propaganda a favore del movimento lo portano a essere soggetto a vari fermi e arresti. Nel gennaio del 1913, parte per l’Argentina e poi passa in Paraguay dove trova impiego presso una segheria di Formosa. Nel 1915 è rientrato in Italia e nel maggio è inviato al fronte “dichiarandosi lieto ed entusiasta di prendere parte attiva alla guerra.” Sembra, infatti, aderire alla dichiarazione interventista fatta dagli anarchici francesi. Ma l’interventismo nel movimento anarchico italiano non è un fenomeno, o una corrente, ma “una serie di sporadici e slegati casi personali”. Nel gennaio del 1919 è inviato in licenza illimitata in attesa di congedo a Roma. Tornato nella capitale riprende la sua attività nel convulso periodo del Biennio rosso. Il 10 aprile in occasione dello sciopero viene arrestato e rimesso in libertà. Entra a far parte degli Arditi del popolo che, nella capitale sono strutturati in cinque battaglioni rionali, protagonisti di numerosi scontri con fascisti e forze dell’ordine; il battaglione dell’Esquilino-S. Lorenzo è affidato al comando di S. Nella primavera del 1922 i fascisti tentano di espugnare il quartiere operaio e popolare ma la resistenza è forte e le camicie nere sono tratte in salvo dalla forza pubblica. Di lì a poco però il fenomeno dell’arditismo perde vigore sotto i colpi della repressione borghese e fascista, fino alla sua totale estinzione. Negli anni della trasformazione del regime fascista di S. si perdono progressivamente notizie. Muore il 25 dicembre 1925 nell’ospedale S. Saverio di Palermo. (I. Del Biondo)

Fonti: Rolando Galluzzi, Lavoro in itinere, (La Resistenza a San Lorenzo); Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; L. Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana. L’Anarchismo in Italia dal Biennio rosso alla Guerra di Spagna, Pisa 2001, p. 132; E. Francescangeli, Arditi del popolo.  Argo Secondari e la prima organizzazione antifascista (1917-1922), Roma 2000, pp. 53, 166.

 

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