Lettera di Katia Tenenbaum
Precisazioni sulla storia degli ebrei stranieri internati a San Donato Val Comino
Vorremmo fare alcune precisazione sui due articoli apparsi su La Repubblica, rispettivamente il
3/11/2021 “Shoah, morta a 99 anni l’ultima “ragazza della anagrafe”: con altri 5 falsificò documenti
per salvare ebrei dalla deportazione” di Clemente Pistilli e “Le Ragazze dell’Anagrafe” del
7/11/2021 di Concita De Gregorio. Il contenuto è stato poi rilanciato in varie forme da Shalom e
molte altre pubblicazioni.
In particolare desideriamo confrontare quanto ricostruito fino ad oggi dagli storici con le seguenti
affermazioni del giornale: “Impiegata al Comune di San Donato Val Comino falsificò centinaia di
documenti di ebrei internati. […] Arrestata fu condotta al camion che l’avrebbe portata ad
Auschwitz. […] Cinque impiegati che hanno visto scorrere davanti ai loro occhi decine e decine di
persone alle quali con un incrocio di sguardi hanno salvato la vita rischiando la loro.”
Dal giugno del 1940 alla primavera del 1944, San Donato Val Comino fu luogo di internamento per
28 “ebrei stranieri” e 8 donne appartenenti a “minoranze linguistiche” del confine orientale. Tutti
arrestati dalla polizia italiana per ordine del Ministero dell’Interno. Nel corso di 4 anni di
internamento stabilirono relazioni di amicizia e mutuo sostegno tra di loro e con alcuni abitanti del
posto. Nei mesi successivi all’armistizio dell’8 settembre 1943, gli internati più giovani e in grado di
muoversi, si diedero alla macchia per vie svariate, alcuni tentando di raggiungere Roma, altri gli
alleati passando la linea Gustav di cui il paese era immediata retrovia.
Dei componenti il piccolo gruppo che rimase al paese, 16 furono arrestati dai tedeschi il 6 aprile
del 1944. Gli arresti avvennero a seguito di delazione e con modalità diverse per ognuno. Non è
stato possibile fino ad oggi ricostruire le circostanze precise dell’evento. Poche testimonianze
divergenti e la penuria di documenti ufficiali non consentono di avanzare altro che ipotesi.
Dalle testimonianze di alcuni sopravvissuti sembrerebbe che alcuni degli internati siano stati indotti
con l’inganno a presentarsi al Comune per ricevere dei documenti, e lì furono arrestati. Altri furono
catturati la stessa mattina nelle loro case o in luoghi dove si erano nascosti. I 16 furono deportati
prima a Roma, a Regina Coeli e poi ad Auschwitz. Nessuno dei cittadini locali fu arrestato e una
delle donne jugoslave fu portata a Roma nello stesso trasporto e poi rilasciata.
Va precisato inoltre che l’unico documento falso prodotto a San Donato, quello di uno degli
internati, Marco Tenenbaum (alias Marco Cedrone) che è stato inserito senza alcuna spiegazione
nel testo nell’articolo de La Repubblica del 3/11, fu procurato da un giovane studente di medicina
che era entrato nella resistenza e non dalle “ragazze dell’anagrafe” come indicato nell’articolo. Non
sono emersi ad oggi altri documenti falsificati.