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Mariano Buratti

di Augusto Pompeo

 

Nel 1923 a Fiume, al seguito dei volontari di Gabriele D’Annunzio, il giovane allievo ufficiale Mariano Buratti (nato a Bassano di Sutri -ora Bassano Romano- il 15 gennaio 1902), si fidanzò con Cristina Pollak, una giovane croata.  Dopo l’avventura fiumana i due si sposarono, vennero a Viterbo e Mariano si arruolò nella Guardia di Finanza. Dopo qualche anno morirono la figlia Magda e Cristina, incinta di una bambina che aveva in grembo. Nel 1934, Mariano, disperato, affidò il suo dolore a una raccolta di poesie intense e raffinate, Focolare spento, che pubblicò nel 1934.  Nei versi che seguono Buratti racconta il suo dramma e sembra attendere la morte:

A me par che dovresti essere stanco,/ forse annoiato, lugubre becchino,/di picchiar sempre sullo stesso cuore,/di sentir la tua mano/ bagnata sempre dello stesso pianto!/ Tu che chiudi ogni giorno/ la porta che nessuno/ potrà più aprire mai;/ tu ch’hai la mano usata/ ad inchiodar la bara/ tu che, macabro artista/ sai modellar la morte/ sull’incudine triste del destino/ sì, tu tremi becchino!/ tu senti il tuo martello/ che ora picchia più sordo;/ t’accorgi, finalmente,/ che non c’è più legno/ da inchiodare ormai/ su quelle mie tre bare… / e, ad apprestar la quarta/ sulla schiena curva/ tu mi stai conficcando/ i tuoi tremendi chiodi/

Nel 1935 si arruolò nella Milizia e partì volontario in Africa Orientale da dove, però, a causa di una forte infezione fu rimpatriato nel febbraio 1937. Rientrato in patria rientrò nella Gdf, poi, dal 1941 insegnò storia e filosofia al liceo Umberto I di Viterbo, che oggi porta il suo nome. Risposatosi con Maria Bianchini, ebbe un altro figlio. Divenuto ormai di idee democratiche e liberali non nascose le sue convinzioni come docente e le trasmise ai suoi allievi. Nell’estate del 1943 compose con i suoi studenti più affezionati e attenti un breve programma politico-ideologico, rivolto all’Italia futura, rimasto come suo testamento ideale come ricorda il suo allievo (poi docente anche lui di filosofia a Viterbo) Aldo Laterza:

Dopo la licenza liceale, a maggio del ’43, la guerra era ormai arrivata in Sicilia: molti di noi continuarono a frequentarlo a San Martino al Cimino ove si era trasferito con la Sua famiglia. Il 25 luglio, alla caduta del fascismo, alcuni dei più devoti ci trovammo quasi per un appuntamento a casa Sua. Era in uno stato di vera esaltazione, era convinto, e qui purtroppo sbagliava, che la guerra per noi fosse ormai finita e ci propose di formare un gruppo di lavoro per redigere con Lui un documento programmatico di un movimento politico ideale che avrebbe voluto presto fondare. Lo redigemmo nell’agosto 1943 tra secolari castagni in San Martino al Cimino.

All’inizio della Resistenza Mariano Buratti costituisce, nei boschi circostanti San Martino, sui Monti Cimini, una delle prime bande armate del Pd’A, che più tardi sarà conosciuta come «banda Buratti» o come «banda del Cimino» e che, assieme a un’altra comandata da Manlio Gelsomini, sarà la formazione più attiva nella Tuscia. Fra le azioni di sabotaggio effettuate, la formazione rivendica l’abbattimento di un aereo tedesco da ricognizione e il deragliamento di un convoglio sulla linea della tranvia extraurbana Roma – Civitacastellana – Viterbo.  Mariano Buratti venne catturato il 12 dicembre dalle SS presso Ponte Milvio, mentre procedeva in automobile da Viterbo con una forte somma di denaro destinata alla sua formazione, dopo una lunga riunione in casa di Maria Anselmi, in compagnia dell’avvocato Mario Pistolini, che da alcuni sarà poi indicato come il delatore che ne permise l’arresto. Fu condotto nel carcere di Regina Coeli con l’accusa di trasporto di armi, come è indicato sulla scheda carceraria conservata nel Museo di via Tasso. Il 3I gennaio 1944 fu fucilato a Forte Bravetta. I suoi familiari poterono riconoscere la salma solo da qualche capo di vestiario e dai denti artificiali, perché il viso era deturpato dalle sevizie. Buratti però non aveva parlato: se non avesse resistito, diversi suoi collaboratori sarebbero finiti nelle carceri antifasciste.

Mariano Buratti, poeta, soldato, partigiano e maestro di vita è una delle figure più fulgide della Resistenza laziale.

 

Riferimenti bibliografici

Bruno di Porto, La resistenza nel Viterbese, in Quaderni della Resistenza laziale, vol. III, pagg.34 e segg.

Angelo La Bella, Chi tradì Mariano Buratti, Viterbo, Buffetti e Guerra 2004.

Archivio Sauro Sorbini, Relazione sulle attività della banda Buratti in: Quaderni della Resistenza laziale, quad. 3, p. 150

Aldo Laterza, Buratti, amore innato per la libertà, “Quaderni Viterbesi”, 3 marzo 1984

Mariano Buratti, Focolare spento, Roma, Maglione 1934

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