skip to Main Content

Mausoleo delle Fosse Ardeatine

Il Luogo e le Vicende

La strage delle Cave Ardeatine fu compiuta dalle SS di via Tasso agli ordini del tenente colonnello Herbert Kappler, su ordini provenienti da Berlino, come risposta di rappresaglia per l’azione messa a segno il 23 marzo, da 16 uomini dei Gap (Gruppi di azione patriottica) del Partito comunista. Alle ore 15:15, in via Rasella, furono fatti esplodere ordigni contenuti nei due secchi cilindrici di metallo di un carretto della nettezza urbana al passaggio del reparto armato di 160 ausiliari delle SS appartenente al Polizeiregiment Bozen, che tornava dalle esercitazioni al poligono di tiro. 32 tedeschi restarono uccisi ed uno morì in seguito in ospedale. La decisione della rappresaglia fu quasi immediata, ma controversa fu la scelta sul tipo e la natura: le comunicazioni fra Roma e Berlino furono frenetiche. La proporzione di dieci italiani per ogni tedesco fu decisa dopo aver scartato altre ben più gravi ipotesi. Per la rappresaglia furono scelte le grotte di una cava di pozzolana lungo la via Ardeatina, ritenute abbastanza lontane da luoghi abitati. Poiché il reparto cui appartenevano gli uccisi si rifiutò di eseguire l’esecuzione, essa fu affidata alle SS di via Tasso, soprattutto agli ufficiali. I destinati alla morte, tutti estranei all’azione, vennero scelti con criteri discutibili, essendo solo tre i condannati a morte con il discutibile giudizio del Feldgericht in attesa di esecuzione. 16 erano stati condannati dallo stesso tribunale tedesco di guerra a pene detentive da 1 a 15 anni, mentre altri 177 detenuti dalle SS nel Terzo braccio di Regina Coeli o in via Tasso erano ancora oggetto di indagini o in attesa di giudizio. Una persona era stata addirittura assolta ed in attesa di scarcerazione. 75 erano cittadini di origine ebraica. A completare il numero altre 10 persone arrestate nei pressi di via Rasella, 40 trattenute dalla Questura per ragioni politiche e 10 per motivi di pubblica sicurezza. Tre persone sono rimaste non identificate. Le vittime furono 335 (e non 330 secondo la proporzione numerica) perché 5 persone in più furono portate sul luogo per errore determinato dal trambusto. L’esecuzione fu effettuata sparando un colpo alla nuca a tutti i prigionieri, inginocchiati con le mani legate dietro la schiena. I corpi restarono ammassati l’uno sull’altro e su di essi, con un’esplosione, fu fatta crollare la volta di pozzolana delle grotte. Il sito restò vigilato da guardie armate soprattutto dopo che – ai primi di maggio – familiari e popolazione, insospettiti, cominciarono a recarsi sul luogo. Nella serata del 24 marzo alle ore 22:55 l’agenzia di stampa ufficiale Stefani diffondeva alle ore un comunicato – riportato dai giornali del giorno dopo – che dava notizie dell’azione di via Rasella e della rappresaglia, concludendo: «Il Comando tedesco […] ha ordinato che per ogni tedesco ammazzato dieci comunisti-badogliani saranno fucilati. Quest’ordine è già stato eseguito». Nei giorni successivi i «fascisti repubblicani dell’Urbe» diffusero un volantino in cui si affermavano due falsità: la prima sulle vittime, che sarebbero state «comunisti badogliani detenuti nelle carceri perché condannati a morte per atti di terrorismo e sabotaggio». La seconda, invece, accreditava – mentendo – una falsa notizia di guerra che, nonostante le smentite processuali, sarebbe durata nel tempo: «Ma i banditi comunisti dei gap avrebbero potuto evitare questa rappresaglia pur prevista dalle leggi di guerra se si fossero presentati alle autorità germaniche che avevano proclamato via radio e con manifesti su tutti i muri di Roma che la fucilazione degli ostaggi non sarebbe avvenuta se i colpevoli si fossero presentati per la giusta punizione».

La Memoria

Il Mausoleo-museo delle Fosse Ardeatine è stato realizzato sul luogo stesso della strage del 24 marzo 1944 e fu solennemente inaugurato nel 1949 in occasione del suo quinto anniversario. Esso è opera degli architetti Giuseppe Perugini, Nello Aprile e Mario Fiorentino, e degli scultori Mirko Basaldella e Francesco Coccia. Si compone della cancellata monumentale in bronzo, delle grotte della strage, del Mausoleo ove sono raccolte le salme, del gruppo scultoreo, che sintetizza in modo incisivo la tragedia dei 335 caduti e di un piccolo Museo documentario. Il Mausoleo delle Fosse Ardeatine è diventato nel tempo uno dei luoghi più importanti della memoria pubblica della Repubblica italiana, non solo perché ogni anno l’anniversario della strage viene celebrato con l’intervento del Presidente della Repubblica, ma anche perché per le massime cariche istituzionali la visita e l’omaggio ad esso fanno parte dei rituali di investitura, al pari di quelli al Milite ignoto in piazza Venezia. La sua realizzazione ha conosciuto una vicenda non priva di problemi e molto significativa. Le autorità alleate accettarono le sollecitazioni dei familiari delle vittime e acconsentirono ai riconoscimenti individuali dei resti mortali. Successivamente, Governo italiano e Amministrazione alleata aderirono all’idea di un monumento: il bando di concorso fu delegato al Comune di Roma, il cui Consiglio lo approvò il 15 gennaio 1945. Avrebbe dovuto essere rispettato al massimo il contesto ambientale e le gallerie ove fu compiuta la strage, che nel frattempo vennero consolidate. Il 10 aprile 1945 i progetti presentati furono undici. La vicenda subì le conseguenze di problemi non risolti tra gli stessi familiari e le loro associazioni e si protrasse per anni. Alla fine, anziché proclamare un vincitore, la commissione giudicatrice classificò ex aequo quattro progetti, proponendo un concorso di secondo grado fra essi. Questo si concluse il 2 settembre 1946 con un nuovo ex aequo fra i progetti dei gruppi che avevano come capofila gli architetti Mario Fiorentino e Giuseppe Perugini. Ad essi fu chiesto di giungere ad una soluzione comune. Frattanto permanevano questioni fra le associazioni dei familiari per quanto riguardava le sepolture. Per superare gli ostacoli si scelse di lasciare la decisione nelle mani del Governo e, per esso, del Ministero dei lavori pubblici. Ciò permise, non senza altri contrasti ed incertezze, di stipulare il disciplinare di incarico agli architetti nell’agosto 1947 e di affidare i lavori all’impresa Morandi: la prima pietra fu posta il 22 novembre 1947 e il complesso fu inaugurato dal ministro Umberto Tupini il 24 marzo 1948. Al complesso monumentale si accede attraverso una cancellata in bronzo che immette sul largo piazzale dedicato alla memoria delle vittime di Marzabotto e dominato, a sinistra, dal grande gruppo scultoreo in marmo di Francesco Coccia, con tre vittime – un ragazzo, un adulto e un anziano – in attesa dell’esecuzione.

Di fronte si aprono gli accessi alle grotte dove fu compiuto il massacro, mantenute nello stato originario, con l’eccezione di alcuni sostegni per garantire la sicurezza delle volte. Su una lapide è riportata una scritta che intende sintetizzare il senso di tutto: «Fummo trucidati in questo luogo perché lottammo contro la tirannide interna per la libertà e contro lo straniero per l’indipendenza della Patria. Sognammo un’Italia libera, giusta, democratica. Il nostro sacrificio ed il nostro sangue ne siano la sementa ed il monito per le generazioni che verranno».

Un percorso ad U porta al grande spazio del sepolcreto, coperto da una grande pietra tombale monoblocco, sostenuta da pilastri. Lo spazio per l’aria e per la penetrazione della luce lascia l’ambiente in penombra. Separate da una transenna di bronzo, anch’essa di Mirko Basaldella, le tombe sono allineate in sette doppie file parallele, disposte nell’ordine di esumazione delle salme. Sulla pietra di copertura di ciascuna c’è un unico motivo ornamentale e il nome e cognome della vittima cui si riferisce. Affisso sulla lunga parete di accesso, un libro di bronzo con pagine mobili riporta i nomi in ordine alfabetico, con l’indicazione che permette di rintracciare la tomba. Alle spalle della grande pietra sepolcrale, al culmine della collinetta, su progetto dell’architetto Giuseppe Perugini, è stato realizzato un edifico ottagonale che richiama un tempietto, all’interno del quale è stato realizzato il cosiddetto Museo dei cimeli. Si tratta di un’esposizione di documenti, cimeli, manifesti, piante topografiche, fotografie e giornali che – in senso antiorario – rappresentano in ordine cronologico la vicenda dei 271 giorni dell’occupazione nazista di Roma. In tre vetrine vengono approfonditi temi rilevanti: i luoghi della repressione e della tortura (via Tasso, Regina Coeli, Palazzo Braschi, pensioni Oltremare e Jaccarino, ecc…); gli assassinati alle Fosse Ardeatine; i fucilati de La Storta. Un’ampia vetrina, lungo l’asse centrale longitudinale, presenta una rassegna di copie di giornali clandestini e – al centro –alcuni esemplari di chiodi a quattro punte usati dai gappisti. L’esposizione è arricchita da alcune pregevoli grandi opere di noti artisti: “Il martirio delle Fosse Ardeatine”, di Renato Guttuso; “L’oppressione nazifascista”, di Corrado Cagli; “La Liberazione”, di Carlo Levi. Di recente, nel 2011, si sono aggiunti due quadri di Georges de Canino, donati dall’ANFIM, dal titolo “Fiori di primavera”, dedicati ai caduti minorenni. A fianco del piccolo Museo un’altra costruzione ospita l’esposizione dei progetti proposti al concorso.

Via Ardeatina, 174 – Roma (RM)

Fonte: https://memoranea.it/luoghi/lazio-rm-roma-mausoleo-fosse-ardeatine

Back To Top