Bernardini Tito
Ultimo di tre fratelli, Tito nasce a Orte il 24 aprile 1898- caduto il 24 marzo 1944 a Roma alle Fosse Ardeatine, in una casa in piazza del Mercato, da Giovanni e Argentina Bassetta. Suo padre è ferroviere “deviatore” e la famiglia si trasferisce presto a Viterbo. È qui che Tito trascorre gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Di tendenze socialiste prima, comuniste poi, nel 1921 Tito difende la sua città contro l’assalto delle squadre fasciste che la stanno assediando e nonostante la presa di Viterbo, continua a divulgare stampa clandestina e contribuisce materialmente all’organizzazione dei gruppi di opposizione. Sempre a Viterbo il fratello Valentino diventa esponente di spicco degli Arditi del popolo e da allievo fuochista ferroviere, aderisce al sindacato ferrovieri italiani partecipando a numerosi scioperi a causa dei quali viene licenziato. I fratelli Bernardini emigrano così a Roma. Qui Tito va a vivere nei pressi della stazione Termini dove prende servizio come ferroviere mentre la sorella Erminia va a vivere in uno dei villini dei ferrovieri in via Casilina insieme a Valentino, assunto come operaio avventizio nel reparto tecnico della Stazione. Anche nella Capitale, l’antifascismo di Tito rimane ben saldo e, a causa delle sue idee, il ragazzo viene epurato dalle Ferrovie nel 1923 in quanto ritenuto sovversivo. Da questo momento in poi, pur di sopravvivere, si adatta a fare qualsiasi mestiere. Nel 1942 si sposa con Caterina Masella e trova lavoro come magazziniere in una azienda. Iscritto al Partito Comunista prima del 25 luglio 1943, prende parte attiva alla difesa di Roma. In seguito all’occupazione tedesca della Capitale, la ditta in cui è assunto viene requisita e pur di non lavorare per i tedeschi si licenzia. Tito concentra così tutte le sue forze nella lotta clandestina militando nelle formazioni comuniste di Bandiera Rossa con lo pseudonimo di Berardo. Tra le sue attività principali: scritte murali, recupero armi, diffusione di stampa antitedesca. Definito infaticabile dai suoi compagni, “Berardo” prende parte con Angelo Ioppi all’assalto a bombe a mano contro l’ambasciata tedesca avvenuto tra il 15 e il 17 settembre 1943. Mantiene rapporti con l’Alto Lazio, organizza le cellule clandestine di Santa Croce, Porta Pia e San Giovanni; in collaborazione con altri partigiani coadiuva le bande al Salario e in Prati. Insieme a Bentivegna, Amidani (detto “Torino”) e altri prende parte al disarmo del Battaglione fascista M accampato a Ponte Milvio. Inoltre fa parte del gruppo che riesce a liberare “Torino” dal carcere di via Tasso. Dal 16 gennaio 1944 partecipa alla costituzione di “Armata Rossa”, un’organizzazione militare che oltre a occuparsi di propaganda e sabotaggio, esercita una continua attività di spionaggio e raccolta informazioni che trasferisce direttamente ai comandi Alleati e che accoglie tra le sue file elementi provenienti da correnti minoritarie del Partito Comunista, membri di Bandiera Rossa, comunisti autonomi o cattolici. Insieme a Berardo ci sono Otello Taviani, Celestino Avico e Giordano Amidani, il marmista Domenico Viola. Tito organizza il concentramento n. 34 di P. Pinciana di cui diventa Comandante. Il 7 marzo, durante l’organizzazione di un trasporto d’armi, viene arrestato insieme ad altri in via del Ventaglio (piazza del Popolo) nel laboratorio di Domenico Viola per mano delle SS e di collaborazionisti italiani dell’OVRA (Banda Bernasconi). Condotto a via Tasso e poi nel terzo braccio di Regina Coeli, viene sottoposto quotidianamente a più interrogatori durante i quali riporta la frattura di una vertebra per una sprangata alla schiena e danni permanenti a un occhio. Vicino di cella, il fratello Valentino che, durante gli interrogatori riporta danni permanenti a una mano e l’estrazione dei denti dell’arcata superiore. Valentino sarà poi trasferito in un campo di concentramento in nord Italia da cui uscirà invalido ma vivo. Diversa sorte tocca invece a Tito. Il 24 marzo 1944, in seguito all’azione partigiana di via Rasella, viene trasportato legato a un asse e sorretto da due compagni alle Fosse Ardeatine, dove viene trucidato per rappresaglia all’età di 46 anni.
A lui è intitolata una piazza a Orte nell’ottobre 2016; a Roma è ricordato a piazzale Prenestino, angolo via Macerata e insieme ad altri caduti alle Ardeatine a piazza Copernico 9, presso la cooperativa Termini; presso il mausoleo delle Fosse Ardeatine, Tito occupa il sacello 123.
Ascarelli 1994, p. 164; fascicolo Anpi 789; Mogavero 2016, pp. 342-45; Labella, Mecarolo, Amadori, pp. 103-6; Alfonso Perrotta, Umano divenire¸pubMe, 2016; Anna Innocenti Periccioli, Giorni belli e difficili. L’avventura di un comunista, Jaca Book 2001; Ascarelli, 1965, p. 17; Ioppi, 1949, p. 45, 77; Troisio 1944, p. 26; Ascarelli 1992, p. 164; D’Agostini – Forti 1965, p. 377; Mslr, MSLR n. 72; scheda carceraria di Regina Coeli; Mslr, archivio di via Tasso, brogliaccio di Regina Coeli; sito Anfim; Anfim, archivio, fascicolo nominale; Mcr, registro n. 224 del 1944; CPC, Bernardini Valentino, busta 534; http://www.tusciaweb.eu/2016/10/intiolata-piazza-tito-bernardini-martire-delle-fosse-ardeatine/; http://www.mausoleofosseardeatine.it/vittime/dettaglio/?id=26