Braccini Paolo
Nato a Canepina (Viterbo il 16 maggio 1907- caduto il 5 aprile 1944 A Martinetto di Torino, Torino. Suo padre, Braccio Braccini, medico condotto, era stato, prima dell’avvento del fascismo, sindaco socialista di Terni. Paolo, dopo essersi laureato prima in agraria e poi in veterinaria, si era dedicato con successo alla ricerca e all’insegnamento. Nel 1931, il giovane – che era stato allontanato, dopo una perquisizione della polizia nella casa paterna, dal corso allievi ufficiali – vinta una borsa di studio, si era trasferito a Milano dove si era, appunto, laureato in agraria, aveva conseguito la docenza e si era anche laureato in veterinaria. Nel 1940 il giovane professore passa a Torino, all’Istituto di Zooctecnia, ed è nel capoluogo piemontese che conosce Duccio Galiberti e si avvicina al Partito d’Azione. Dopo l’armistizio e dopo che avrà contribuito alla costituzione delle prime formazioni partigiane, rappresenterà proprio il PdA nel primo Comando militare regionale piemontese del CLN. Braccini si adoprerà, in sintonia con Eusebio Giambone, per far sì che la lotta contro gli occupanti e i loro alleati fascisti, si trasformi in guerra di popolo. Purtroppo, l’attività di organizzazione e di orientamento del giovane docente, che nella Resistenza è conosciuto come “Verdi”, dura pochi mesi. Anch’egli, infatti, finisce nelle mani della polizia fascista, quando questa, per una delazione, fa irruzione nella sacrestia del Duomo di Torino e vi sorprende quasi al completo il Comando militare. Di fronte al Tribunale speciale che lo condannerà a morte con altri sette compagni di lotta, il professore non perde mai la calma e la serenità. Come ebbe a scrivere Giovanni Pesce: “Braccini, intravista la moglie mentre lo traducono per l’ultima volta, le grida affettuosamente “Ciao cocca”. La moglie Marcella ha la forza di non piangere e di gridare: “Ciao, coraggio Paolo, alla bambina penso io”. È proprio alla figlioletta Gianna che Paolo Braccini, prima di essere ucciso, indirizza una delle sue ultime lettere. Le scrive tra l’altro: “figlia mia adorata. Sarò fucilato all’alba per un ideale, per una fede che tu, mia figlia, un giorno capirai appieno. Vai sempre a fronte alta per la morte di tuo padre”. Dopo l’uccisione di Braccini, la Divisione Alpina “GL” operante in Val Granda prese il suo nome. All’eroico professore è stata concessa la massima ricompensa al valore con questa motivazione: “Membro del Comitato militare del C.L.N. del Piemonte, dopo aver concorso alla costituzione dei nuclei partigiani delle valli, portava largo e decisivo contributo all’assetto e al potenziamento delle formazioni piemontesi. Sottoposto a giudizio e condannato a morte, consacrava con l’olocausto della propria vita l’ardente fiamma che l’aveva sostenuto durante il periodo della lotta clandestina. II piombo nemico troncava la sua nobile esistenza. Cadeva suggellando, con l’estrema invocazione all’Italia, la sua fede nei destini della Patria.“. Hanno intitolato strade a Paolo Braccini molti comuni italiani, tra i quali quelli di Roma e di Torino.
Martiri viterbesi, p. 101; Giovanni, Novelli, Nascita e prima ubicazione della 8. divisione Giustizia e libertà, Paolo Braccini : brigate dislocate in Montagna e distaccamenti di fondo valle, s.d.