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L’eccidio di Vallicella: un crimine di guerra. 26 febbraio 1944

L’evento occorso il 25 febbraio 1944 in contrada Vallicella, nel comune di Ripi (Frosinone), rappresenta un tragico esempio delle atrocità commesse dalle forze di occupazione tedesche in Italia durante la Seconda guerra mondiale. L’uccisione di sette contadini innocenti, perpetrata in seguito a un alterco con due militari tedeschi, rivela la brutalità e l’arbitrarietà della repressione nazista e l’ombra di silenzio che, per decenni, ha avvolto questo crimine di guerra.

La dinamica degli eventi, per quanto ricostruita attraverso testimonianze e documenti storici, delinea un quadro di progressiva escalation di violenza. L’episodio scatenante è apparentemente banale: due soldati tedeschi entrano nell’abitazione di Antonio Cevini con l’intento di requisire una pecora. Angelo Recine, presente nell’abitazione, si rifiuta di seguire i militari con l’animale, dando origine a una colluttazione. L’intervento del suocero di Recine, che colpisce i soldati con un martello, ferendone uno, rappresenta un atto di resistenza comprensibile in un contesto di occupazione e soprusi, ma che innesca una reazione sproporzionata e letale.

La fuga di uno dei soldati e il suo ritorno con una ventina di commilitoni in assetto di guerra segnano il passaggio dalla potenziale scaramuccia a una vera e propria azione punitiva. Il rastrellamento operato dai tedeschi colpisce indiscriminatamente non solo Recine e Cevini, ma anche altri contadini che si trovavano nelle vicinanze, estranei all’accaduto. Questo aspetto è cruciale per comprendere la natura dell’eccidio: non una reazione mirata a punire i responsabili diretti dell’aggressione ai soldati, bensì un atto di terrorismo volto a incutere timore nella popolazione locale e a scoraggiare qualsiasi forma di resistenza.

La conduzione dei nove contadini a circa tre chilometri di distanza e la successiva uccisione di sette di loro, i cui corpi vengono sommariamente infossati, evidenziano la premeditazione e la volontà di occultare il crimine. L’assenza di un processo formale, la mancanza di rispetto per le vittime e la decisione di seppellirle in segreto dimostrano un disprezzo assoluto per la vita umana e per le leggi di guerra. La capacità di ridurre degli esseri umani a semplici numeri da eliminare, privandoli persino di una degna sepoltura, è una caratteristica intrinseca del totalitarismo nazista.

Il tentativo di insabbiamento dell’eccidio è ulteriormente confermato dalla dichiarazione rilasciata dal comando tedesco ai familiari delle vittime, secondo cui i contadini erano stati trasferiti al nord per lavorare al servizio dell’esercito. Questa menzogna, crudele e beffarda, prolunga la sofferenza dei familiari, costretti a convivere con l’incertezza e la speranza di un improbabile ritorno. L’omissione di informazione alle autorità della Repubblica Sociale Italiana (RSI) sottolinea, inoltre, la totale autonomia d’azione delle forze tedesche e il loro disinteresse per le autorità fantoccio locali.

La scoperta casuale dei cadaveri da parte di alcuni contadini intenti a dissodare il terreno, a distanza di quasi due mesi dall’eccidio, pone fine all’angoscia dell’incertezza, ma apre al tempo stesso la ferita del lutto e della ricerca di giustizia. La tardiva emersione della verità, in un contesto postbellico complesso e segnato da innumerevoli tragedie, non ha comunque alleviato il dolore delle famiglie e della comunità locale.

L’eccidio di Vallicella, pur nella sua specificità, si inserisce in un quadro più ampio di violenze e atrocità commesse dalle forze di occupazione tedesche in Italia. Rappresaglie, rastrellamenti, deportazioni e uccisioni di civili furono una costante durante l’occupazione nazista, lasciando un segno indelebile nella memoria collettiva del paese. La necessità di ricordare questi eventi, di preservare la memoria delle vittime e di denunciare la barbarie nazifascista è fondamentale per impedire che simili tragedie possano ripetersi in futuro.

L’eccidio di Vallicella non è solo un episodio di cronaca nera, ma è un invito a coltivare la memoria storica. Il massacro di 7 civili innocenti è emblematico ed è un monito silente che ci ricorda il prezzo della libertà e l’importanza di non dimenticare.

T. Baris, Le stragi naziste nella provincia di Frosinone tra storia e memoria, in G. Gribaudi, Terra Bruciata, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli, 2003, pp. 311-365; Guida, 535; Ricciotti Lazzero, 257,

 

 

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