Teresa Gullace: un simbolo della resistenza romana
La figura di Teresa Gullace, nata Talotta a Cittanova l’8 settembre 1907 e tragicamente scomparsa a Roma il 3 marzo 1944, incarna un potente simbolo della resistenza romana all’occupazione nazista. La sua morte, brutale e ingiusta, mentre tentava di comunicare con il marito prigioniero, risuonò profondamente nel tessuto sociale romano, elevandola a icona della lotta per la libertà e ispirando il personaggio di Pina, interpretato magistralmente da Anna Magnani nel capolavoro neorealista di Roberto Rossellini, *Roma città aperta*. La sua storia, ancorata a un contesto storico di oppressione e privazione, rappresenta un monito perpetuo contro la barbarie della guerra e un tributo al coraggio silenzioso delle donne che, con la loro determinazione e il loro sacrificio, contribuirono alla liberazione dell’Italia.
Il contesto storico in cui si consumò la tragedia di Teresa Gullace era quello di una Roma occupata e soffocata dalla presenza nazista e dalla complicità fascista. I rastrellamenti, divenuti una pratica quotidiana, miravano a reclutare manodopera forzata per lavori umilianti e pericolosi, dall’edificazione di fortificazioni difensive a sud della città alla rimozione delle macerie causate dai bombardamenti, fino alla deportazione nei campi di lavoro in Germania. L’obiettivo, però, era anche quello di individuare e neutralizzare partigiani, soldati sbandati e presunte spie, instillando un clima di terrore e delazione che avvelenava la vita quotidiana dei romani. La fame, la paura e la costante minaccia di perdere la libertà o la vita dominavano la scena.
Teresa Talotta, originaria di Cittanova, in Calabria, si era trasferita a Roma con il marito Girolamo Gullace, manovale edile, stabilendosi nel povero quartiere intorno alla stazione San Pietro, caratterizzato da baracche e popolato da immigrati meridionali che lavoravano principalmente nell’edilizia. Nel 1944, a 37 anni, Teresa era madre di cinque figli e incinta del sesto, un’esistenza semplice e dedita alla famiglia. La sua vita, simile a quella di tante altre donne romane dell’epoca, fu bruscamente interrotta il 26 febbraio, quando Girolamo fu arrestato durante un rastrellamento nei pressi di Porta Cavalleggeri e rinchiuso nella caserma dell’81º reggimento di fanteria in viale Giulio Cesare. La disperazione la spinse, come tante altre donne, a recarsi ogni mattina davanti alla caserma, nella vana speranza di poter vedere il marito, parlargli e offrirgli un po’ di conforto.
La mattina del 3 marzo, la situazione davanti alla caserma era particolarmente tesa. Un folto gruppo di donne si era radunato, esasperato dai continui rastrellamenti e timoroso per la sorte dei propri cari. In realtà, dietro la protesta spontanea si celava un’azione organizzata dai Gruppi di Azione Patriottica (GAP), guidati da figure come Carla Capponi, Marisa Musu e Laura Lombardo Radice. L’azione, inizialmente programmata per una data successiva, fu anticipata nel timore che i nazisti accelerassero le deportazioni. La presenza di gappiste armate, disposte in prima fila, testimoniava la determinazione a non cedere all’oppressione.
In questo contesto di crescente tensione, Teresa Gullace giunse davanti alla caserma, tenendo per mano il figlio Umberto. Superando la sua iniziale esitazione, si unì alle altre donne, avanzando fino ad affiancare le gappiste. Quando riuscì a scorgere il marito dietro una finestra e sentì il suo richiamo, la sua disperazione si trasformò in coraggio. In uno spazio apertosi tra i soldati e i manifestanti, Teresa si avvicinò alla finestra e tentò di lanciare al marito un involto, probabilmente contenente pane. L’involto cadde a terra. La situazione precipitò. Un soldato tedesco si parò davanti a Teresa, mentre lei, disperata, tentava di raggiungerlo. La risposta fu immediata e brutale: un colpo di pistola la freddò sul colpo.
L’omicidio di Teresa Gullace scatenò la rabbia e l’indignazione della folla. Il soldato tedesco, protetto da un cordone di fascisti e altri militari, si rifugiò nella caserma, mentre venivano sparati colpi di arma da fuoco per disperdere la folla. Carla Capponi, animata da un desiderio di vendetta, tentò di sparare all’assassino, ma fu fermata dalle altre manifestanti. Marisa Musu, con prontezza, le sottrasse l’arma e le infilò in tasca una tessera di un’associazione fascista, salvandola dall’arresto. La protesta continuò nel pomeriggio, con un attacco gappista alla caserma che provocò uno scontro a fuoco e la morte di alcuni militi fascisti. Tuttavia, la determinazione delle donne e la pressione popolare costrinsero le autorità naziste a rilasciare Girolamo Gullace. Laura Lombardo Radice e altre militanti allestirono una camera ardente improvvisata in strada, trasformando il luogo della tragedia in un altare di fiori e preghiere.
La morte di Teresa Gullace si trasformò in un catalizzatore per la resistenza romana. La sua storia divenne un simbolo di coraggio, di sacrificio e di lotta per la libertà. I gruppi partigiani, dal GAP al Comitato di Liberazione Nazionale, la elevarono a icona della loro causa. La sua memoria è ancora oggi viva nella sua città natale, a Cittanova, dove le sono stati dedicati una strada e un monumento, e a Roma, dove una lapide ricorda il luogo del suo assassinio e dove le sono stati intitolati un liceo statale, un centro di formazione professionale e una strada.
Come scrive Antonio Orlando, “Il sacrificio di Teresa, contro l’intenzione dei suoi stessi carnefici, diviene un fatto emblematico che colpisce e scuote la coscienza popolare dell’intera città… Teresa non è stata vittima inconsapevole, sapeva di rischiare la vita in quel giorno, davanti a quella caserma perché quella protesta… era diventata la reazione collettiva di una città prigioniera. Teresa sceglie di rimanere e di rischiare e con il suo gesto traccia la strada della fierezza e della non rassegnazione.”
La vicenda di Teresa Gullace ha avuto anche un impatto significativo sulla cultura di massa. Il personaggio di Pina, interpretato da Anna Magnani in *Roma città aperta*, è una potente trasposizione cinematografica della sua storia. Il film, premiato con il Grand Prix al Festival di Cannes e due Nastri d’argento, contribuì a diffondere in tutto il mondo la storia della resistenza romana e il simbolo di Teresa Gullace. Il suo volto sofferente e determinato, immortalato da Anna Magnani, rimane un’immagine iconica del cinema neorealista italiano. Anche il sistema postale italiano ha reso omaggio a Teresa Gullace, dedicandole francobolli in ricordo del film di Rossellini e degli eventi della Seconda Guerra Mondiale.
In riconoscimento del suo coraggio e del suo sacrificio, Teresa Gullace è stata insignita della Medaglia d’oro al merito civile, con la seguente motivazione: “Madre di cinque figli ed alle soglie di una nuova maternità, non esitava ad accorrere presso il marito imprigionato dai nazisti, nel nobile intento di portargli conforto e speranza. Mentre invocava con coraggiosa fermezza la liberazione del coniuge, veniva barbaramente uccisa da un soldato tedesco. Roma, 3 marzo 1944.”
Laura Lombardo Radice, Chiara Ingrao, Soltanto una vita, 3ª ed., Milano, Baldini Castoldi Dalai editore, 2005, pp. 95-100 e 122-124; Robert Katz, Roma città aperta. Settembre 1943 – Giugno 1944, Milano, il Saggiatore, 2009 [2003]; Antonio Orlando, Anna e Teresa. Il reale e l’immaginario nella vicenda di Teresa Gullace (PDF), in Rivista Calabrese di Storia del ‘900, n. 1, ICSAIC, 2014, pp. 55-70; Gabriele Ranzato, La liberazione di Roma. Alleati e Resistenza (8 settembre 1943 – 4 giugno 1944), Bari-Roma, Laterza, 2019,